Benefici nutrizionali dei germogli di porro
I vantaggi dei germogli di porro sotto il profilo nutrizionale: 5 virtù a disposizione dei tuoi piatti
Quali benefici possono apportare i germogli di porro? In confronto con la pianta matura, il loro consumo rappresenta certamente un vantaggio sotto il profilo nutrizionale: vediamo insieme perchè.
- I germogli, in generale, contengono un quantitativo maggiore di fitocomposti rispetto all’ortaggio “adulto”. Nel caso specifico, i germogli di porro ci forniscono numerose molecole bioattive della categoria degli organosolfuri e dei polifenoli.
- I germogli possono essere mangiati crudi. I fitocomposti del porro, tanto gli organosolfuri quanto i polifenoli, sono sensibili ai metodi di cottura: le alte temperature della frittura, o la dispersione in acqua della bollitura, influenzano negativamente la stabilità e la biodisponibilità di queste molecole; pertanto, i germogli possonoo essere una valida alternativa proprio per il loro consumo da crudi.
- Il germoglio offre l’opportunità di consumare ogni parte della pianta. La concentrazione dei composti bioattivi è variamente distribuita tra le foglie verdi, che vengono normalmente scartate, e il fusto bianco (6,7), a seconda delle condizioni climatiche in cui la pianta è cresciuta. Nei germogli possiamo beneficiare appieno di questo patrimonio nutrizionale.
- Un altro motivo per il quale può essere consigliato il consumo di germogli di porro è il loro alto contenuto di enzimi digestivi, proteasi, che li rendono una fonte migliore rispetto a frutti come papaia e ananas (20).
- I germogli di porro possono essere sfruttati come fonte di vitamina C, ed essere accostati per esempio a verdure a foglia ricca di ferro come gli agretti, cicoria, radicchio, indivia e carciofi, oppure ai legumi cotti per potenziarne la biodisponibilità.
Germogliamo ha tra i suoi prodotti i germogli biologici di porro freschi, in vendita nella pratica confezione biodegradabile apri e chiudi, e i semi bio di porro da coltivare in casa.
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Scopriamo il porro!
Il porro (Allium ampeloprasum var. porrum) è una pianta erbacea monocotiledone biennale, tradizionalmente classificata nella famiglia delle Amaryllidaceae. Il genere Allium, al quale il porro appartiene, contiene più di 700 specie diverse di bulbose, tra le quali l’aglio (Allium sativum), la cipolla (Allium cepa), lo scalogno (Allium ascalonicum), l’erba cipollina (Allium schoenoprasum), largamente consumate per il loro aroma caratteristico e per le proprietà farmaceutiche che tutta la medicina tradizionale ha sfruttato per secoli.
È coltivato in Europa, Asia e America, ma si pensa sia originario dell’Asia centrale. Le varie specie differiscono tra loro per aroma, forma e colore, ma sono legate per quanto riguarda il contenuto di importanti composti fitochimici e nutraceutici. L’aglio e la cipolla sono stati usati come rimedio per il trattamento di disturbi comuni fin dall’antichità. Testi di medicina risalenti alle antiche culture egiziane, latine, greche, cinesi e indiane elencano i loro usi terapeutici come antiasmatici, disinfettanti antibatterici e antifungini, diuretici e lassativi. Attualmente, importanti studi epidemiologici associano un loro maggior consumo ad una riduzione del rischio di sviluppare tumori, malattie cardiovascolari e neurodegenerative, oltre ad aver dimostrato che questi alimenti possiedono proprietà antimicrobiche, antiossidanti e antinfiammatorie (1,2).
Rispetto all’aglio e alla cipolla, il porro ha un aroma più delicato e più dolce. Si raccoglie tre volte all’anno, permettendo un raccolto sia in estate che in autunno; la resistenza al freddo che lo caratterizza ne poi ha reso possibile la diffusione anche in nord Europa, permettendo anche un raccolto invernale da dicembre ad aprile.
A quali composti sono attribuiti le proprietà medicinali caratteristiche del porro?
Il porro era considerato un rimedio per la tosse, il mal di gola, e veniva consigliato come protettivo gastrico. Dal punto di vista nutrizionale il porro è ricco di vitamina K, C ed E, folati e piccole quantità di potassio, ferro, magnesio e manganese (3).
Ciò che contraddistingue il porro, così come l’aglio e la cipolla, è l’aroma e il gusto pungente, dovuto ad una classe di sostanze contenenti zolfo, gli organosolfuri. Questi derivati solforati dell’aminoacido cisteina si trovano nella pianta intatta come precursori, non volatili e inodori; vengono attivati da un enzima (l’allinasi) nel momento in cui il tessuto della pianta viene danneggiato, masticato o frantumato, e l’enzima entra in contatto con questi precursori solforati. Una volta attivati, una reazione a catena porta alla formazione di composti tiosulfinati, volatili e dall’aroma pungente.
Nel genere Allium sono stati isolati 10 precursori diversi, nel porro si trovano soprattutto l’isoaliina e la metiina, in quantità maggiori nelle varietà raccolte in inverno, in risposta a condizioni ambientali più difficili (3,4,5). La funzione di queste molecole, infatti, è di difesa contro predatori, parassiti, ma anche stress ambientali. È stato dimostrato che gli organosolfuri non solo agiscono come antimicrobici, ma possiedono anche una potente azione antiossidante: riescono a prevenire la formazione di prodotti di ossidazione, i radicali liberi, derivati da agenti esterni o dal fisiologico metabolismo cellulare, e altamente nocivi per il nostro organismo. L’ossidazione infatti può provocare danni al DNA, alle proteine, o alle membrane delle cellule ed è associata ad un aumentato rischio di trasformazione tumorale, a problemi cardiovascolari, al diabete e molto altro.
Il meccanismo di azione degli organosolfuri è molteplice agendo come detossificanti nei confronti di molecole dannose, come le nitrosammine, o promuovendo l’attivazione di enzimi detossificanti o inducendo l’arresto di cellule trasformate e attivando il riparo del materiale genetico (3,4,6,7,8).
Oltre ai composti organosolfuri, il porro contiene notevoli quantità di polifenoli. I polifenoli più rappresentati nel porro sono la quercetina e il kaempferolo (flavonoli), l’acido rosmarinico e ferulico (acidi fenolici, ). Questi composti contribuiscono a potenziare le virtù protettive nei confronti dell’apparato cardio vascolare agendo come antiaggreganti piastrinici (9,10), e quelle antimicrobiche e citotossiche nei confronti delle cellule tumorali (11,12) attribuite al porro. L’attività dei polifenoli si esercita attraverso numerosi meccanismi sia diretti, reagendo come antiossidanti, con neutralizzazione dei radicali liberi, che indiretti, influenzando la sintesi di mediatori che riducono l’infiammazione e stimolando la protezione delle cellule (13).
Tramite gli stessi meccanismi anti-radicali liberi, al porro e ai polifenoli che contiene si attribuisce un’azione epatoprotettiva e antidiabetica, migliorando il metabolismo dei grassi, attraverso la riduzione dell’assorbimento intestinale e dell’accumulo epatico con diminuzione dello stato infiammatorio (14), e miglioramento dei livelli di glucosio nel sangue (15,12).
Il porro contiene anche sostanze di origine zuccherina alle quali sono stati attribuite proprietà terapeutiche, i fruttani e l’inulina, che oltre a possedere attività prebiotiche, è stato dimostrato avere un’azione preventiva antitumorale e gastro protettiva (16,17).
Per le proprietà antiossidanti dei polifenoli e organosolfuri contenuti, il porro, ma anche l’aglio e la cipolla, sono alla base del loro uso in cucina, per aumentare la conservabilità in cucina, soprattutto delle carni crude o insaccate, in quanto rallentano l’ossidazione a cui vanno incontro naturalmente le molecole, lipidi e proteine (18), agendo in questa maniera da conservante naturale, inoltre inibiscono la formazione di composti tossici come le nitrosammine in seguito alla cottura ad alta temperatura.
Consumare i germogli di porro rappresenta un vantaggio sotto il profilo nutrizionale
Le molecole bioattive contenute nel porro, sia gli organosolfuri e che i polifenoli, sono sensibili ai metodi di cottura, per cui i germogli potrebbero essere una valida alternativa per il loro consumo da crudi. Le alte temperature della frittura, o la dispersione in acqua della bollitura, infatti influenzano negativamente la stabilità e la biodisponibilità di queste molecole (19). Nel caso specifico degli organosolfuri, la cottura porta alla perdita dell’enzima allinasi, che rende impossibile la formazione dei preziosi tiosulfinati.
L’uso dei germogli a crudo quindi, oltre a fornire un quantitativo maggiore di fitocomposti, caratteristica generale di tutti i germogli, permette di sfruttare appieno gli effetti benefici dei composti che contengono.
Inoltre la concentrazione dei composti bioattivi, è variamente distribuita tra le foglie verdi, che vengono normalmente scartate, e il fusto bianco (6,7), a seconda delle condizioni climatiche in cui la pianta è cresciuta. Il germoglio offre l’opportunità di consumare ogni parte della stessa.
Un altro motivo per il quale può essere consigliato il consumo di germogli di porro è il loro alto contenuto di enzimi digestivi, proteasi, che li rendono una fonte migliore rispetto a frutti con papaia e ananas (20).
In base a quanto esposto, i germogli di porro possono essere sfruttati come fonte di vitamina C, ed essere accostati per esempio a verdure a foglia ricca di ferro come gli agretti, cicoria, radicchio, indivia e carciofi, oppure ai legumi cotti per potenziarne la biodisponibilità, o, associato a cipolle o porri cotti interi, come fonte di enzima allinasi.
L’Autrice
La Dott.ssa Cristina Lazzeri è laureata in Scienze Biologiche, e ha affinato la sua esperienza in moltissimi campi della Biologia Molecolare e Cellulare, applicati al campo dell’oncologia. Si è poi interessata alla cucina salutare, alla Nutrizione Umana, apprendendo le tecniche di base per lo studio dello stato nutrizionale e della composizione corporea, che sono state arricchite partecipando a numerosi corsi di perfezionamento, dalla Nutrizione Pediatrica a quella Vegetariana, dalla Dieta Chetogenica all’alimentazione in Oncologia, ai legami tra Alimentazione e Infiammazione.
L’alimentazione infatti riveste in ruolo molto importante nello sviluppo delle patologie tumorali e al tempo stesso, una corretta alimentazione, rappresenta un traguardo da raggiungere nella prevenzione di queste patologie, così come quelle a carico dell’apparato cardiocircolatorio. In questo contesto la Dott.ssa Lazzeri ha approfondito la conoscenza sugli alimenti funzionali, i nutraceutici, che come veri e propri farmaci, possono potenziare i benefici legati ad una corretta alimentazione.
In questo percorso a febbraio 2018 è iniziata la collaborazione con la Dott.ssa Federica Pulcini e il centro medico Eclepta di Roma www.eclepta.it
Glossario
Composti organosolforati e tiosulfinati: molecole derivate da aminoacidi solforati contenuti in due gruppi di vegetali, le brassicacee, o crucifere, chiamati glucosinolati, e le piante di genere Allium. In quest’ultime si trovano le g-glutamil cisteine, inodori e non volatili, che in seguito a danneggiamento dei tessuti della pianta, rapidamente per opera dell’enzima allinasi, contenuto nei vacuoli, vengono trasformate in composti volatili e odorosi, i tiosulfinati, di cui la più conosciuta è l’allicina. I tiosulfinati sono composti instabili che danno origine ad una serie di solfuri, che caratterizzano l’aroma delle piante appartenenti a questo genere. Sono stati identificati 10 composti precursori, come l’alliina, l’isoalliina, metiina, propiina, che sono contenuti in maniera specie specifica nelle varie piante. La conversione di questi precursori “innocui” in molecole attive, volatili con aroma pungente, e talvolta anche “lacrimogene”, come nel caso della cipolla (Allium cepa), rappresenta un meccanismo di difesa della pianta contro predatori e parassiti.
Nitrosammine: sono composti molti dei quali cancerogeni, derivanti da reazioni dei nitrati e nitriti contenuti sia naturalmente in alcuni alimenti sia come conseguenza di quelli aggiunti come additivi e conservanti a insaccati, prosciutti, wurstel, carni in scatola ed altri prodotti a base di carne, pesci marinati, prodotti caseari, con delle ammine contenute nei prodotti proteici. Si possono generare a partire dai nitriti in condizioni molto acide (per esempio all’interno dello stomaco), oppure possono formarsi in condizioni di alta temperatura, per esempio durante la cottura degli alimenti tramite frittura o arrostitura.
Radicali liberi: sono molecole, o atomi, particolarmente reattivi, caratterizzati dalla presenza di un elettrone spaiato nel loro strato più esterno (orbitale). Proprio per questo motivo sono altamente instabili e, per tornare all’equilibrio, hanno la tendenza a combinarsi con altre molecole cercando di strappare un elettrone, per pareggiare la propria carica elettromagnetica. In questa maniera si innesca una reazione a catena che può portare al così chiamato stress ossidativo che causa danneggiamento delle strutture cellulari e dei tessuti. L’origine dei radicali liberi può essere fisiologica, si verifica normalmente nelle reazioni biochimiche cellulari, soprattutto in quelle che utilizzano ossigeno per produrre energia. Gli stessi radicali liberi possono essere prodotti anche a causa di fattori esterni, come il fumo, l’inquinamento, le radiazioni ultraviolette, stress psicofisico.. I radicali liberi più conosciuti sono quelli a contenuto d’ossigeno (ROS da Reacting Oxygen Species).
Polifenoli: Polifenoli: un gruppo eterogeneo di sostanze naturali, particolarmente note per la loro azione positiva sulla salute umana. In natura, i polifenoli vengono prodotti dal metabolismo delle piante, dove in relazione alla diversità chimica che li caratterizza, ricoprono ruoli differenti: difesa dagli animali erbivori (impartiscono sapore sgradevole) e dai patogeni (fitoalessine), supporto meccanico (lignine) e di barriera contro l’invasione microbica, attrazione per gli impollinatori e per la dispersione del frutto (antocianine), inibitori di crescita delle piante in competizione. In base alla loro struttura possono essere distinti in tre diverse classi, quella dei fenoli semplici (acido caffeico, cumarico, rosmarinico, resveratrolo,..), quella dei flavonoidi (quercetina, flavonoli, flavoni, isoflavoni, antocianine..) e quella dei tannini.
Riferimenti
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